Chimamanda Ngozi Adichie, Dovremmo essere tutti femministi, Einaudi 2022
Incontro con la traduttrice Francesca Spinelli
I maschi e le femmine sono indiscutibilmente diversi sul piano biologico, ma la socializzazione accentua le differenze. Prendiamo l’esempio della cucina. In generale, è piú probabile che siano le donne a sbrigare le faccende di casa: cucinare e pulire. Ma qual è il motivo? È perché le donne nascono con il gene della cucina o perché sono state educate a credere che cucinare sia un loro compito? Il problema del genere è che prescrive come dovremmo essere, invece di riconoscere come siamo. Passiamo troppo tempo a insegnare alle ragazze a preoccuparsi di cosa pensano i ragazzi, a essere ambiziose ma non troppo, a puntare al successo ma non troppo, altrimenti saranno una minaccia per gli uomini. Allo stesso tempo facciamo un grave torto ai maschi educandoli ad aver paura della debolezza, della vulnerabilità. Spingendoli a credere di dover essere dei duri, li rendiamo fragili. In questo modo il genere ci inchioda a dei ruoli prefissati che spesso non ci rispecchiano. E se ci concentrassimo sulle capacità e sugli interessi invece che sul genere? Quanto saremmo piú felici, quanto ci sentiremmo piú liberi di essere chi siamo veramente? Questa edizione, illustrata magistralmente da Bianca Bagnarelli, è pensata per diffondere il messaggio femminista tra le generazioni piú giovani. Perché se è arrivato il momento di progettare un mondo diverso, piú giusto, un mondo di uomini e donne piú fedeli a se stessi, ecco da dove cominciare: dobbiamo cambiare quello che insegniamo alle nostre figlie. E dobbiamo cambiare anche quello che insegniamo ai nostri figli.
Viola Ardone, Oliva Denaro, Einaudi 2021
È il 1960, Oliva Denaro ha quindici anni, abita in un paesino della Sicilia e fin da piccola sa – glielo ripete ossessivamente la madre – che «la femmina è una brocca, chi la rompe se la piglia». Le piace studiare e imparare parole difficili, correre «a scattafiato», copiare di nascosto su un quaderno i volti delle stelle del cinema (anche se i film non può andare a vederli, perché «fanno venire i grilli per la testa»), cercare le lumache con il padre, tirare pietre con la fionda a chi schernisce il suo amico Saro. Non le piace invece l’idea di avere «il marchese», perché da quel momento in poi queste cose non potrà piú farle, e dovrà difendersi dai maschi per arrivare intatta al matrimonio. Quando il tacito sistema di oppressione femminile in cui vive la costringe ad accettare un abuso, Oliva si ribella e oppone il proprio diritto di scelta, pagando il prezzo di quel no. Viola Ardone sa trasformare magnificamente la Storia in storia raccontando le contraddizioni dell’amore, tra padri e figlie, tra madri e figlie, e l’ambiguità del desiderio, che lusinga e spaventa, soprattutto se è imposto con la forza. La sua scrittura scandaglia la violenza dei ruoli sociali, che riguarda tutti, uomini compresi. Se Oliva Denaro è un personaggio indimenticabile, quel suo padre silenzioso, che la lascia decidere, con tutto lo smarrimento che dover decidere implica per lei, è una delle figure maschili piú toccanti della recente narrativa italiana.
Valeria Parrella, La fortuna, Feltrinelli 2022
Dal cielo piovono pietre incandescenti e cenere, il mare è denso e la costa sembra viva, si muove e si avvicina, ogni mappa disegnata è stravolta, i punti di riferimento smarriti. Lucio, giovane rampollo del rango equestre, ha seguito l’ammiraglia di Plinio il Vecchio nella notte dell’eruzione del Vesuvio, ma non può sospettare che quel monte che lo ha visto nascere in realtà sia un vulcano. Nemmeno Plinio riesce a spiegarsi cosa accada, perché di ciò che vedono non esiste scritto né memoria. Si muoveranno verso Pompei all’alba. Adesso però bisogna attraversare la notte e, anche se il peggio sembra superato, Lucio non riesce a dormire – sua madre vive ancora a Pompei e non è tranquillo finché non la rivedrà –, perciò si siede al tavolo e inizia a scrivere una lunga lettera. Il racconto lo segue nei viaggi e nelle ambizioni, lo vede all’opera nell’apprendistato riservato ai patrizi, tra rivolte dell’età e compromessi. A Roma ha come compagno di scuola Plinio il Giovane, e come maestro di vita suo zio Plinio il Vecchio: sono loro che gli cambiano la vita. Una folla di comparse, mercanti, banchieri, schiavi, donne di ogni livello e condizione si muove tra le pagine di un romanzo in cui niente è sacrificato al pittoresco: piuttosto ciò che conoscevamo del mondo romano ci appare in un aspetto nuovo, moderno e intimo.
Björn Larsson, La vera storia del pirata Long John Silver, Iperborea 1998
Ci sono libri che danno pura gioia, facendo vibrare dentro di noi tutte le corde del nostro amore per la lettura: il racconto trascinante unito a temi che ci toccano nel profondo, la suspense e l’avventura e un sottile gioco letterario che stimola la nostra complicità, una documentata ricostruzione storica e il fascino di personaggi più grandi del reale, nati già immortali. È quel che capita con il romanzo di Björn Larsson: ci ritroviamo adulti a leggere una storia di pirati con lo stesso gusto dell’infanzia, riscoprendo quella capacità di sognare che ci davano i porti affollati di vascelli, le taverne fumose, i tesori, gli arrembaggi, le tempeste improvvise e le insidie delle bonacce, come anche il semplice incanto del mare e la sfida libertaria di ribelli contro il cinismo dei potenti. In più con la sorpresa di vederci restituito, in tutta la sua ambigua attrazione e vitalità, uno dei personaggi che davano a quell’infanzia l’emozione della paura: chi racconta in prima persona è Long John Silver, il temibile pirata con una gamba sola dell’Isola del Tesoro, fatto sparire da Stevenson nel nulla per riapparirci ora vivo e ricco nel 1742 in Madagascar, intento a scrivere le sue memorie. E non è solo a quell’“e poi?” che ci veniva sempre da chiedere alla fine delle storie che risponde Larsson, è al prima, al durante, al dietro